Convocazione assemblea generale soci ASA 2024

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Convocazione assemblea ordinaria soci ASA 2024

Carissima/o Socia/o
Ti informiamo che l’assemblea generale è stata convocata:
presso la sede di A.S.A. O.D.V. - via Arena 25 – Milano

in prima convocazione lunedì 27/05/2024 alle ore 06:00;
in seconda convocazione martedì 28/05/2024 alle ore 20:30

con il seguente ordine del giorno:
1. Relazione e lettura del Bilancio Sociale anno 2023;
2. Approvazione Bilancio Consuntivo anno 2023;
3. Approvazione Bilancio Preventivo anno 2024;
4. Elezione del Consiglio Direttivo 2024/2027;
5. Varie ed eventuali;

In caso di impossibilità ad intervenire ti invitiamo a delegare un Socio/a di tua fiducia, compilando il modulo scaricabile a questo link  e facendolo consegnare al delegato in occasione dell’Assemblea,
oppure
inviandolo tramite e-mail a amministrazione@asamilano.org

ISTRUZIONI per la delega:

  1. scarica il pdf, stampa , compila in tutte le sue parti, scansiona o fai una foto, invia a amministrazione@asamilano.org.    oppure
  2. scarica il pdf, stampa, compila in tutte le sue parti, consegna in segreteria ASA.  oppure
  3. richiedi il modulo della delega direttamente in sede segreteria ASA 

Inoltre chi non avesse ancora provveduto a rinnovare la tessera annuale (€ 10,00) può procedere con le solite modalità:

-  Bonifico bancario con causale rinnovo tessera 2024 all’IBAN IT45W0538701603000035127650 intestato ad Associazione Solidarietà AIDS

-  PayPal con causale rinnovo tessera 2024

-  Contanti o bancomat/carte in sede

Il testo completo della convocazione è disponibile al seguente LINK

#RestaincuraHIV – Impatto del COVID-19 sulla salute delle persone con HIV

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Per comprendere meglio quanto la pandemia ha influenzato la vita, la fruizione dei servizi sanitari e il mantenimento in cura delle persone con HIV, abbiamo bisogno anche del tuo contributo!

 

Questa attività è parte del progetto L’IMPATTO DI COVID-19 SUI PROCESSI E GLI ESITI DELLA CURA DELLE PERSONE CON HIV. promosso dal Ministero della Salute e coordinato da INMI L. Spallanzani in collaborazione con Anlaids, Arcigay, ASA Milano, Arcobaleno AIDS, Caritas, CDCA, CICA, Circolo Mario Mieli, CNCA, Fondazione Villa Maraini, LILA, Milano Checkpoint, NPS Italia, PLUS e SIMM.

 

Il progetto si propone di indagare l’eventuale impatto del COVID-19 sulla gestione della salute delle persone con HIV, rilevando le eventuali criticità soggettive e oggettive sperimentate, il contributo delle Associazioni di volontariato e del terzo settore che si occupano della lotta contro l’HIV e la propria esperienza con i servizi di medicina a distanza.

 

Se hai ricevuto una diagnosi di infezione da HIV entro il 31 maggio 2020, puoi aiutarci compilando una indagine in maniera del tutto anonima * 

 

RESTA IN CURA HIV 

collegati a questo link compilare il questionario anonimo  https://limesurvey.inmi.it/index.php/restaincuraHIV

oppure scansiona con il tuo smartphone il seguente QR code

 

È possibile partecipare all’indagine fino al 20 luglio 2023.

 

Grazie per il tuo contributo!

 

 

* I dati raccolti verranno registrati in forma del tutto ANONIMA in un database gestito dal personale dell’Unità di Epidemiologia Clinica dell’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani”, e utilizzati esclusivamente per le finalità e gli obiettivi del progetto. Non verrà salvata nessuna informazione personale del partecipante, né operato nessun salvataggio o tracciatura del dispositivo utilizzato per la compilazione.

 

È possibile richiedere informazioni inviando una mail all’indirizzo spallanzani.survey@inmi.it o telefonando al numero 06-55170911 / 06-55170921.

INTERNATIONAL AIDS CANDLELIGHT MEMORIAL 2023

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International AIDS Candlelight Memorial 2023

Diffondi Amore e Solidarietà ! NO Stigma e Paura !

 

Una data per sensibilizzare la prevenzione all’HIV
in 115 città nel mondo

Test HIV e sifilide in Largo Bellintani – Spring European testing week 

 

Domenica 21 maggio 2023, dalle 18.00 alle 22.00 presso Largo Bellintani a Milano (piazzale chiesa del Lazzaretto lato viale Tunisia), ASA – Associazione Solidarietà AIDS Milano organizza l’“International AIDS Candlelight Memorial”, una manifestazione nata con l’obiettivo di sensibilizzare le persone sul tema della prevenzione dell’HIV e di altre malattie sessualmente trasmissibili, nonché superare lo stigma nei confronti delle persone con HIV. L’evento si celebra in contemporanea in 115 città nel mondo, coinvolgendo 1200 comunità.

Anche quest’anno ASA ha scelto di coinvolgere la cittadinanza somministrando il test HIV e Sifilide dalle 18 alle 22

Operatori qualificati saranno a disposizione per la somministrazione del test HIV/sifilide rapido, anonimo e gratuito in occasione di European testing week, la settimana dedicata a tutte le associazioni europee che offrono servizi di screening.

 

Poi si apriranno i microfoni per spiegare il significato del Candlelight e per raccogliere testimonianze e all’imbrunire si accenderanno le luci per ricordare chi non c’è più e rinnovare l’impegno contro stigma e pregiudizi.

Ci sarà ampio spazio per parlare di PrEP (profilassi pre-esposizione HIV) e della recente apertura di AIFA alla rimborsabilità del farmaco.

Durante tutta la durata dell’evento saranno a disposizione operatori qualificati per fornire informazioni e distribuire materiale informativo.

 

Il Candlelight 2023 ha come tema conduttore “ diffondi Amore e Solidarietà, no Stigma e Paura“, un messaggio che invita a superare la diffidenza verso le persone sieropositive ancora soggette a discriminazioni.

 

Cosa significa U=U ?

 Sono ormai anni che la comunità scientifica ha sancito che una persona sieropositiva in terapia antiretrovirale e con carica virale non rilevabile non può in alcun modo essere infettiva. Una evidenza scientifica riassunta nello slogan U=U (Undetectable = Untrasmittable -Non rilevabile=Non trasmissibile).

La scarsa, per non dire assente, informazione sull’argomento alimenta, soprattutto nei giovani, ancora la falsa convinzione che il virus possa essere trasmesso con un bacio o con un abbraccio. Il divario tra realtà e diffidenza deve essere assolutamente colmato, così come l’informazione sulle modalità di trasmissione di HIV.

 

Il nome stesso “Candlelight’ rimanda al concetto di una fiaccolata commemorativa, ma ogni comunità nel mondo declina l’evento a secondo della mission che si propone.

Come nasce il Candlelight

Il Candlelight è nato nel 1983, durante un periodo di confusione e di credenze sbagliate rispetto ad una misteriosa malattia che aveva iniziato a colpire la popolazione gay di San Francisco negli Stati Uniti. Sapendo di dover morire, 4 giovani uomini – Bobbi Campell, Bobby Reynolds, Dan Turner e Mark Feldman – decisero di dare un volto alla malattia organizzando una piccola veglia dietro ad uno striscione che recitava : Fighting for our lives – Combiattiamo per le nostre vite. Prepararono degli striscioni e decisero di marciare nel quartiere di Castro, li raggiunsero molte altre persone e poi negli anni si unirono altre città negli Stati Uniti e nel mondo.
Ancora oggi, il Candlelight rimane una delle più importanti dimostrazioni di impegno della società civile nella lotta alla discriminazione e nella promozione di prevenzione dell’HIV e delle infezioni sessualmente trasmissibili.

www.asamilano.org

www.candlelightmemorial.net

#AIDScandlelightMemorial23 #WeRemember #WeTakeAction #WeLIveBejondHIV #NoHIVStigma #UequalsU #freePrEP #PrEPNow

Sul sito ufficiale di IACM è possibile accendere una candela virtuale in ricordo di un amico o un parente vittima di HIV/AIDS

https://www.candlelightmemorial.net/virtual-candles/

 

International AIDS Candlelight Memorial Italia

Largo Bellintani Milano

 

Dalle 18 alle 22

Test rapido HIV e Sifilide: Anonimo, sicuro, gratuito con personale qualificato

European testing week

 

Dalle 20.30 alle 22

Commemorazione Candlelight

Per parlare di U=U, Stigma, PrEP

Al Lume di Candela

 

Per informazioni:

Donatello Zagato e Marinella Zetti

ufficiostampa@asamilano.org

Tel. 0258107084

Monkey Pox ( MPOX) – Campagna di vaccinazione

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Non c’è un vaccino contro il pregiudizio ma c’è quello per #MPOX ! 👇 Leggi qui 👇

 📌 MPOX (il nuovo nome del vaiolo delle scimmie) ha raramente un decorso grave e la mortalità riportata molto bassa, ma è sempre bene tenere a mente poche e semplici accortezze per proteggere noi stessi e gli altri:

 ⭕ Fai attenzione alla possibilità di contagio durante i rapporti sessuali.

 ⭕ Evita il contatto stretto con casi sospetti o confermati di Mpox.

 ⭕ Pulisci e disinfetta gli ambienti che potrebbero essere stati contaminati.

 ⭕ L’utilizzo del preservativo può ridurre il rischio e l’entità dell’esposizione al virus durante il rapporto sessuale.

 Se pensi di avere contratto Mpox rimani in casa e informa il medico di base, evita i contatti sessuali e segui le indicazioni del medico.

 ⚡ Non avere paura! ⚡ Tutti possono ammalarsi, ma sappiamo come proteggerci. 

 Per saperne di più: https://www.salute.gov.it/portale/malattieInfettive/dettaglioSchedeMalattieInfettive.jsp?lingua=italiano&id=254&area=Malattie%20infettive&menu=indiceAZ&tab=1

Campagna promossa da: Ministero della Salute, IRCCS INMI Lazzaro Spallanzani, Anlaids, Arcigay, ASA, Circolo Mario Mieli, CICA, CNCA, GAYNET, LILA ONLUS, NADIR, NPS, PLUS

AGGIORNAMENTO DELLE NUOVE DIAGNOSI DI INFEZIONE DA HIV E DEI CASI DI AIDS IN ITALIA AL 31 DICEMBRE 2021 – Istituto Superiore della Sanità

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Sono stati pubblicati dall’ Istituto Superiore di Sanità i dati delle nuove diagnosi di infezioni da HIV e dei casi di AIDS in Italia.

Il notiziario in breve 

Dal 2012 i dati sulla sorveglianza delle nuove diagnosi di infezione da HIV hanno una copertura nazionale.

Nel 2021, sono state riportate 1.770 nuove diagnosi di infezione da HIV pari a 3,0 nuovi casi per 100.000 residenti. Si sottolinea che i dati relativi al 2020 e al 2021 hanno risentito dell’emergenza COVID-19.

L’incidenza osservata in Italia è inferiore rispetto all’incidenza media stimata tra le nazioni dell’Unione Europea (4,3 nuovi casi per 100.000). Dal 2018 si osserva una evidente diminuzione dei casi per tutte le modalità di trasmissione.

Nel 2021, la proporzione di nuovi casi attribuibile a trasmissione eterosessuale era 44% (27,2% maschi e 16,8% femmine), quella in maschi
che fanno sesso con maschi 39,5% e quella attribuibile a persone che usano sostanze stupefacenti 4,2%. Il Registro Nazionale AIDS, attivo dal 1982, nel 2021 ha ricevuto 382 segnalazioni di nuovi casi di AIDS, pari a un’incidenza di 0,6 nuovi casi per 100.000 residenti.

L’83% dei casi di AIDS segnalati nel 2021 era costituito da persone che hanno scoperto di essere HIV positive nei sei mesi precedenti alla diagnosi di AIDS.

disponibile e scaricabile QUI l’intera pubblicazione in PDF

Lettera aperta delle organizzazioni e ETS di pazienti e operatori socio-sanitari HIV al Ministro della Salute Orazio Schillaci

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Ci rivolgiamo a Lei, Onorevole Ministro Schillaci, che si trova di fronte a compiti irrisolti per decenni, in nome delle organizzazioni e ETS di pazienti e operatori socio-sanitari HIV. In questo periodo è necessario sviluppare la riorganizzazione che l’Italia si è impegnata ad applicare entro il 2030 per ottemperare agli Obiettivi ONU di Sviluppo Sostenibile.

 

In questi due decenni la Commissione Nazionale AIDS e la Consulta delle Associazioni HIV, ora il CTS sez. L e M, hanno fornito raccomandazioni al Ministero della Salute basandosi sulla scienza e sull’evidenza, che provengono dal nostro vissuto e da quello delle persone che afferiscono in numero sempre maggiore alle nostre organizzazioni e centri.

 

La Commissione Affari Sociali aveva predisposto, con la proposta di legge 1972 a firma D’Attis, l’abrogazione della legge 135 del ‘90, obsoleta, introducendo nuovi criteri e concetti a noi richiesti dall’estensore per allineare l’Italia con le richieste ONU, UNAIDS, OMS, EMA quando la XVIII legislatura è terminata. Lo scorso ottobre è stata presentata nuovamente dall’estensore per la procedura di approvazione (AC 218).

 

Il Piano Nazionale AIDS, approvato nel 2017 non ha mai visto la sua applicazione per mancanza di stanziamenti.

 

La Profilassi pre-Esposizione, oggetto di raccomandazione di ONU, EMA, Parlamento Europeo è ancora in attesa dell’approvazione AIFA per la successiva applicazione con un costo sociale ed economico maggiore per l’Italia, mentre i Paesi ove è disponibile ne hanno confermato la validità.

 

Lo stigma nei confronti delle persone con HIV è ancora un dramma che rappresenta aspetti psicologici, sociali e professionali. L’evidenza della non trasmissibilità dell’HIV in presenza di terapia ARV, dopo la consensus conference del 2019, è ancora un concetto

sconosciuto ai più che le Organizzazioni HIV cercano di sostenere senza l’aiuto dello Stato.

 

I tempi che intercorrono per l’accesso ai nuovi farmaci ARV, oggi meno tossici, più efficaci, sviluppati per creare una migliore personalizzazione della terapia a lungo termine, dal momento dell’approvazione EMA alla concreta disponibilità nelle regioni italiane, Ministro, superano i 12 e talvolta i 18 mesi restando tra i più lunghi d’Europa.

 

Ancora oggi le persone che scoprono la propria positività al test per l’HIV per il 58% è in condizioni di AIDS, come confermano i dati COA ISS del 2021. I decessi valutati dall’ISTAT nell’epoca pre-Covid19 riferivano 509 morti all’anno.

E’ un dato di fatto, amaro dopo il quarto decennio dalla scoperta dell’HIV, dopo gli avanzamenti della ricerca che non sono accompagnati dall’informazione istituzionale sulla prevenzione e sui rischi che derivano dall’HIV, soprattutto nel tempo.

 

Piano Nazionale della Prevenzione 2022, efficientamento della medicina territoriale, accesso omogeneo sul territorio alle vaccinazioni, alle cure e all’assistenza, ruolo degli Enti del Terzo Settore sono esempi di grandiose intenzioni che spetterà a Lei far applicare in modo adeguato per rispondere alla richiesta di salute crescente di fronte alle minacce di nuove infezioni.

 

Ci auguriamo che con la Sua gestione le misure per prevenire l’HIV e sostenere la popolazione anche con l’aiuto del Terzo Settore diventino una priorità per il Paese.

 

Ci consideri a disposizione del Ministero per proseguire il lavoro di miglioramento delle misure in favore della Salute e, di conseguenza, contro la diffusione dell’HIV e delle patologie collegate. Ma anche questo lavoro, complementare a quello del SSN, implica preparazione e continuità che riusciamo a dare solo supportando le professionalità che collaborano con i nostri Enti.

 

Roma, 23 novembre 2022

 

NADIR ETS, Roma, Filippo von Schlösser, Presidente, membro CTS sez. M

ASA ETS, Milano, Massimo Cernuschi, Presidente, membro CTS Sez. M

ARCIGAY ETS, Bologna, Ilenia Pennisi, referente Salute

Milano CHECK POINT ETS, Daniele Calzavara, Segretario, Milano

I RAGAZZI DELLA PANCHINA ODV, Ada Moznich, Pordenone, membro CTS sez M

PLUS ETS, Bologna, Sandro Mattioli, Presidente, membro CTS Sez. M

ARCOBALENO AIDS ODV, Torino, Stefano Patrucco, Segr. Gen., Membro CTS Sez. M

ANLAIDS Lazio ETS, Giulia Valeria Calvino, Roma, membro CTS sez. M

LILA, Lega italiana lotta AIDS, Giusi Giupponi, Presidente Nazionale, Como, membro CTS Sez. M

NPS Italia APS, Margherita Errico, Presidente, Roma, membro CTS Sez M

C.N.C.A. Coordinamento Naz. Case Alloggio, Paolo Meli, Bergamo, membro CTS Sez. M

Circolo MARIO MIELI, Massimo Farinella, Roma, membro CTS sez. M

Undress your stigma – Primo dicembre World AIDS day

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Il primo dicembre UNDRESS YOUR STIGMA al Silicone Club

In occasione del World AIDS DAY ci vediamo al Silicone Club in Via Plezzo 16 dalle 20:00 a mezzanotte.
Durante la serata si esibiranno Ella Bottom Rouge Kenjii Benjii Croce Atroce Albø Andromeda X Enem segue Dj set di LoZelmo Dj

L’ingresso di 10 euro comprende un aperitivo offerto da Noloso e l’intero ricavato della serata sarà devoluto a Asa Milano e Milano Check Point

UNDRESS YOUR STIGMA – 1 dicembre 2022 Silicone Club Milano via Plezzo 16 ( M2 Lambrate e 2 minuti a piedi) 
– Performance
– DJ set
– installazione multimediale del Names Project AIDS Memorial Quilt (La coperta dei nomi)
– Test HIV/sifilide rapido e gratuito eseguito in ambiente protetto da operatori qualificati

Venite a supportarci!
(Non serve prenotare)

#SiliconeClub #noloso #Asa #MilanoCheckpoint #UndressYourStigma #Performance #Art #Artisti #WorldAidsDai #1Dicembre

Chemsex: ecco tutto quel che c’è da sapere

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Intervista a Michele Lanza – consulente ASA per chemsex
Fonte www.sanitainformazione.it

Dai poeti maledetti, ai parnassiani, fino all’italiano Gabriele D’Annunzio ed a molte star più o meno contemporanee, l’uso di droghe per accrescere il piacere sessuale e per eliminare i freni inibitori non è una novità. Anche se è solo da un decennio che è stato coniato un termine ad hoc: chemsex. Ad idearlo è stato David Stuart, scrittore, ricercatore e attivista di origine australiana, scomparso nel mese di gennaio di quest’anno.

L’etimologia
«Il termine chemsex nasce dalla fusione di chems, termine utilizzato per definire le sostanze stupefacenti di origine chimica e sex, sesso. Quando David Stuart ha coniato questo neologismo, ovvero nel 2012 – racconta Michele Lanza, referente del Progetto Chemsex dell’ASA, l’ Associazione Solidarietà AIDS – erano essenzialmente tre le sostanze utilizzate per le sessioni di chemsex: metanfetamina, catinoni e GHB. Più di recente, poi, la gamma di stupefacenti usati si è ampliata, adattandosi via via a ciò che offre il mercato. In Italia, ad esempio, è possibile osservare tendenze diverse anche da una città all’altra. Nella Capitale è molto in voga la cocaina base libera, ovvero la cocaina fumata, ciò che in America è chiamato Crack. A Milano, tra le sostanze psicoattive più in uso c’è il metilenediossipirovalerone (MDPV)».

La sua diffusione
«Sin dalle sue origini – continua l’esperto – il chemsex è associato alla comunità MSM (maschi che fanno sesso con maschi). Alla base di questo accostamento ci sono dei motivi ben precisi che ritengo doveroso sottolineare per evitare che qualcuno possa accusarmi di stigmatizzare la comunità MSM. È innegabile che anche tra gli eterosessuali ci sia chi fa uso di alcol e sostanze stupefacenti per “migliorare” la propria performance sessuale. Ma il maschio eterosessuale – dice Lanza – potrebbe non usare le sostanze diffuse tra chi pratica il chemsex, poiché queste non favoriscono l’erezione ma, al contrario, possono comprometterla. La sessualità MSM può riporre nell’erezione un ruolo meno determinante. Ci sono, poi, ragioni ancora più profonde che, negli anni, hanno spinto alla pratica del chemsex nella comunità MSM: l’uso di sostanze aiuta a ridurre l’omofobia interiorizzata e lo stigma che spesso accompagna le persone che vivono con Hiv».

Sostanze deprimenti o stimolanti?
Le origini del chemsex sono senza dubbio londinesi. «È grazie ai social network se, poi, in anni più recenti si è diffuso anche in altri Paesi, Italia compresa. Anche se – dice Lanza -, in America il chemsex è comunemente chiamato “party and play”». Che lo si chiami “alla londinese”, chemsex, o all’americana “party and play”, le sostanze utilizzate e gli scopi per i quali le si assumono non cambiano. Le droghe usate possono essere divise in due grandi categorie: stimolanti, come cocaina e amfetamino-simili e le sostanze ad azione deprimente, come GHB e ketamina. Le seconde hanno un’azione simile all’alcol: nella fase inziale donano una sensazione di benessere, facilitano l’empatia e aumentano l’autostima e la disinibizione. Al contrario – spiega l’esperto – le sostanze stimolanti eccitano. Ma tale eccitazione non è circoscritta alla sola sfera sessuale. Tutto il corpo è sovrastimolato e gli eccessi possono compromettere anche il corretto funzionamento di organi ed apparati, in primis quello cardiocircolatorio, con esiti talvolta letali».

Come limitare i danni
Tuttavia, seguendo alcuni consigli è possibile limitare i danni. «Innanzitutto mai associare l’alcol alle chems, poiché l’alcol aumenta l’effetto delle droghe deprimenti e nasconde la sovrastimolazione dovuta agli stimolanti. Soprattutto in quest’ultimo caso c’è il grave rischio di assumere dosi troppo elevate, in quanto l’effetto ricreativo non va di pari passo con quello tossico. È sconsigliato anche mescolare più sostanze stupefacenti: in caso di malessere non esistono “antidoti” farmacologi, i soccorsi possono solo intervenire sugli effetti tossici, sui sintomi che, nel caso di un mix di droghe, potrebbero essere contrastanti e difficili da gestire tutti insieme», spiega l’esperto.

L’assuefazione
Ma non è tutto: i danni non sono solo a breve termine. «La maggior parte delle sostanze utilizzate durante il chemsex possono creare dipendenza, rischio che può essere evitato distanziandone il più possibile l’utilizzo. È bene che chi consuma queste sostanze sia sempre affiancato da qualcuno che non facendone uso sia in grado di allertare i soccorsi in caso di necessità – dice Lanza-. È importante sottolineare che non bisogna mai aver paura di chiedere aiuto: in Italia, a differenza di altri Paesi, la detenzione di sostanze stupefacenti per uso personale non è considerata reato e, dunque – conclude l’esperto – non è perseguibile». Non allertare i soccorsi o non farlo in tempo può costare la vita come, purtroppo, non di rado è accaduto.

Dobbiamo parlare diversamente di HIV

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Dobbiamo parlare diversamente di HIV

Nonostante i progressi della medicina continuano a esserci stigmatizzazioni e paure, con conseguenze negative per molte persone

di Alessandra Pellegrini De Luca - fonte ilpost.it

 

 

Sono passati oltre quarant’anni dalla scoperta dell’HIV (Human Immunodeficiency Virus), il virus che causa l’infezione che, se non curata, può portare all’AIDS. Da allora la medicina ha fatto progressi enormi – c’è stata una «rivoluzione pazzesca», dice Daniele Calzavara dell’associazione Milano Check Point – e sono state trovate terapie che permettono alle persone di convivere con l’HIV con un’aspettativa di vita praticamente uguale a quella delle persone che non ce l’hanno.

 

Eppure, in Italia come altrove, l’immaginario collettivo sembra essere rimasto indietro di decenni, con pregiudizi e forme di stigmatizzazione che oggi rendono l’HIV non tanto un problema medico, ma sociale. Pazienti, medici infettivologi e associazioni concordano sul fatto che oggi sia necessario parlare diversamente di HIV, combattendo l’avversione di molte persone e diffondendo molta più informazione, anche tra i medici non specialisti.

Come sapere se si ha l’HIV
Ci sono vari modi per scoprire se si ha l’HIV: «Si può fare un test in un qualsiasi laboratorio analisi, pubblico o privato, con una prescrizione del medico di base, oppure andare a farlo direttamente in ospedale, in un reparto malattie infettive, in questo caso senza la prescrizione del medico», spiega Roberto Rossotti, infettivologo dell’ospedale Niguarda di Milano. C’è poi una vasta rete di strutture, su tutto il territorio nazionale, in cui si può fare il test anche in forma anonima e gratuita.

In questa mappa fatta dall’Istituto superiore di sanità si possono trovare tutte le strutture pubbliche o private dove ci si può sottoporre a un test per l’HIV e altre malattie sessualmente trasmissibili, tramite un prelievo di sangue. Da qualche anno si può anche acquistare un test rapido di autodiagnosi, in farmacia ma anche online: è attendibile e bastano 20 minuti per farlo e ottenere il risultato, che nel caso in cui sia positivo dovrà essere confermato da un test fatto con prelievo.

 

In generale, il mezzo più sicuro per la prevenzione dell’infezione da HIV, e più in generale di malattie sessualmente trasmissibili, è avere rapporti sessuali protetti: nei rapporti penetrativi significa indossare il preservativo per tutta la durata del rapporto (quello classico, ma anche il cosiddetto “preservativo femminile”). Nei rapporti non penetrativi – dove il rischio di trasmissione sembra essere più basso, benché anche meno studiato – si possono usare altri contraccettivi, come il dental dam: un rettangolo di lattice o poliuretano che si usa per coprire la vulva o l’ano impedendo il contatto fra mucose orali e genitali.

Che terapie esistono, e perché c’è stata una «rivoluzione pazzesca»
Le terapie antiretrovirali, quelle che oggi permettono a chi risulta positivo all’HIV di convivere con il virus, rallentano a tal punto la sua replicazione, abbassando quindi la carica virale, da renderlo non rilevabile nel sangue: solitamente si arriva a una viremia negativa dopo circa 1-3 mesi, e circa 6 mesi dopo questo traguardo non si è più contagiosi.

Quando la carica virale non è rilevabile, infatti, il virus smette anche di essere trasmissibile: concretamente significa che queste terapie permettono alle persone con l’HIV di avere rapporti sessuali non protetti senza aver paura di trasmettere il virus ai propri partner. È il principio della non trasmissibilità oggi identificato con la sigla “U=U”: sta per “undetectable untrasmittable” , cioè “non rilevabile = non trasmissibile”.

Pazienti, medici e associazioni dedicate alle persone che vivono con l’HIV considerano questo principio un pilastro che ha ridotto immensamente l’impatto sociale dell’infezione: «È importantissimo che tutti lo sappiano, per superare sia lo stigma esterno che quello interiorizzato, che per anni ha spinto molte persone a rinunciare ad avere una famiglia perché positive al virus», dice Rossotti del Niguarda.

Alcune persone che vivono con l’HIV hanno raccontato al Post che ancora oggi capita che la diagnosi porti a sentirsi in colpa: «Quando scopri di avere l’HIV introietti subito la colpa, pensi subito che sei stato tu a infettare le persone a cui sei legato in quel momento, quando in realtà potrebbe benissimo essere il contrario», dice V., che ha 38 anni, vive in Germania e ha chiesto di rimanere anonimo. Per questo alcune persone ritengono che sia molto importante, quando possibile, venire informati su cosa significhi oggi vivere con l’HIV nel momento stesso in cui si ricevono i risultati. 

Anche Daria Russo, che ha 41 anni e quando ha scoperto di avere l’HIV viveva in Irlanda, ha raccontato che per lei era stato molto utile poter parlare subito con una psicologa della struttura medica in cui si trovava; il 31enne Filippo Gafaro Barrera, al contrario, ha descritto così la consegna dei risultati nel laboratorio in cui aveva svolto le analisi: «Mi hanno dato una busta che sembrava quella del PIN del bancomat e mandato via, e quando l’ho aperta mi è caduto addosso il cielo».  

Il principio U=U è anche quello per cui oggi è possibile concepire e partorire i propri figli naturalmente. È quello che ha fatto, anni dopo aver scoperto di avere l’HIV, Daria Russo, che è anche una delle protagoniste del documentario Positivə (2021), dedicato alla vita delle persone che oggi vivono con l’HIV: «La non trasmissibilità è un aspetto chiave: a me come mamma, e a noi come coppia, ha restituito la spontaneità», dice. Prima che esistessero queste terapie alle persone con l’HIV veniva consigliato di fare un percorso di fecondazione artificiale.

Concretamente, le terapie antiretrovirali consistono in pillole da assumere ogni giorno (una o più di una, a seconda del tipo di terapia). Questi farmaci non hanno nemmeno più gli effetti collaterali di quelli più datati – come la lipodistrofia, che faceva perdere il grasso di alcune parti del corpo, come il viso, e causava il suo accumulo sull’addome – che potevano quindi rendere riconoscibili le persone in terapia. Esistono alcuni effetti avversi, che vanno da lievi sintomi indesiderati a effetti a lungo termine su alcuni organi, apparati o sul metabolismo: la loro comparsa varia da caso a caso, e parliamo comunque di effetti molto diversi da quelli dei primi farmaci.

Da pochissimo, inoltre, esiste anche un nuovo tipo di terapia, i cosiddetti farmaci “long-acting”: sono punture intramuscolari il cui effetto permane per circa due mesi, e che possono quindi sostituire l’assunzione quotidiana delle pillole. Sono farmaci nuovissimi, non ancora entrati nella pratica clinica di tutti gli ospedali, ma già autorizzati dagli enti regolatori.

«Le terapie esistenti non eradicano del tutto l’infezione – trovare una cura è l’ultimo passaggio che manca alla medicina – ma permettono di controllarla, con farmaci estremamente ben tollerati», spiega il professor Andrea Gori, ordinario di Malattie infettive all’Università degli Studi di Milano e direttore dell’Unità Operativa Complessa di Infettivologia al Policlinico di Milano. Ad oggi, una completa guarigione dall’HIV sembra essere stata ottenuta solo in tre casi molto particolari.

Da qualche anno è anche possibile ricorrere a un farmaco per evitare di essere infettati dall’HIV nel caso di comportamenti a rischio. Si parla di profilassi (cioè prevenzione) pre-esposizione, detta anche “PrEP”, e nel concreto è un farmaco che si può assumere prima e dopo un rapporto sessuale a rischio, oppure in maniera continuativa se il proprio stile di vita porta ad avere di frequente rapporti sessuali di questo tipo. Per assumerlo è necessaria la prescrizione di un infettivologo e bisogna sottoporsi ad alcuni esami per le malattie sessualmente trasmissibili.

Detto in altre parole, oggi l’HIV è sostanzialmente un’infezione cronica. Chi ce l’ha deve sottoporsi a periodici controlli medici e stare attento alla propria salute: «L’HIV è comunque un fattore di rischio per problemi cardiovascolari o a patologie come il diabete», dice Gori. Ma significa anche che è un’infezione completamente diversa, e molto più gestibile, rispetto agli anni Ottanta e Novanta.

Dal punto di vista medico, il problema non è l’assenza di cure, ma l’accesso alle terapie esistenti: da questo punto di vista oggi è molto diverso avere l’HIV in un paese povero o in un paese ricco, dotato di infrastrutture in grado di garantire le cure. Secondo gli ultimi dati di UNAIDS, il programma delle Nazioni Unite per l’HIV e l’AIDS, nel 2021 in tutto il mondo sono morte circa 650mila persone di AIDS e di patologie collegate: in Africa, per dare un’idea della proporzione, ne sono morte 420mila, mentre tra Europa e Nord America ne sono morte 13mila.

Limitatamente all’Italia, medici e associazioni ritengono che l’accesso alle terapie sia tutto sommato ben funzionante, anche se nelle aree più periferiche del paese i farmaci più moderni e le terapie più aggiornate tendono ad arrivare in ritardo rispetto a quanto accade in aree e regioni più ricche e centrali.

Lo stigma, e l’HIV come scatola chiusa
Nonostante tutti questi progressi dal punto di vista medico, i pazienti, gli infettivologi e le associazioni sentite dal Post concordano sul fatto che l’HIV sia ancora una specie di «scatola chiusa», come dice Daria Russo, cioè un argomento rimasto chiuso in definizioni, timori e termini che appartengono ormai al passato, benché la sua realtà sia profondamente cambiata.

«Il nostro immaginario è rimasto all’alone viola», dice Guido Radaelli, uno dei produttori del documentario Positivə. Radaelli si riferisce a uno storico spot promosso nel 1990 dal ministero della Sanità per sensibilizzare sulla prevenzione dell’AIDS. Lo spot, piuttosto inquietante, era accompagnato dallo slogan “Se lo conosci lo eviti”: rappresentava l’HIV attraverso un alone viola che circondava le persone infette e si trasmetteva alle altre persone.

È sempre stato criticato perché ritenuto da molti stigmatizzante e discriminatorio.

«Ancora oggi chi dice di avere l’HIV percepisce un giudizio sottinteso del tipo “chissà che vita conduci per essertelo preso”, quando ci sono tantissime persone che contraggono l’infezione al primo rapporto», dice Daphne Bohémienperformer e donna trans che vive con l’HIV, anche lei protagonista del documentario “Positivə”. A volte ad avere un atteggiamento giudicante sono gli stessi operatori sanitari: «Se mi trovo davanti qualcuno che la prima cosa che dice è che ho fatto qualcosa di sbagliato, l’effetto è che io non andrò più a fare uno screening», dice Calzavara di Milano Check Point, che offre gratuitamente test, PrEP e colloqui, sia prima dei test che nel caso di risultati positivi, accompagnando le persone nei vari passi successivi (qui è possibile scegliere il tipo di servizio e prenotarlo).

I pregiudizi legati all’HIV sono strettamente legati alla difficoltà di parlare liberamente e serenamente di sesso: «La scarsa informazione sull’HIV è anche un problema di sessuofobia», dice Sandro Mattioli, presidente di Plus, associazione dedicata alle persone LGBT+ che vivono con l’HIV, con sede a Bologna.

Negli anni sono state fatte altre campagne di sensibilizzazione, anche molto diverse da quella dell’alone viola, ma la percezione di molti è che la comunicazione istituzionale sull’HIV sia insufficiente e mai realmente evoluta.

Questo ha avuto due risultati per certi versi opposti, ma ugualmente dannosi: che da un lato si sottovaluta l’importanza della prevenzione, un problema che secondo molti riguarda soprattutto le persone più giovani, che non hanno vissuto negli anni Ottanta e Novanta; dall’altro si continua a pensare all’HIV negli stessi termini di quegli anni. Cioè come a qualcosa di spaventoso, o che riguarda solo certi tipi di persone, come quelle omosessuali, o che fanno uso di droghe per via iniettiva, oppure che adottano non meglio definiti comportamenti “promiscui”.

La disinformazione riguarda anche gli stessi medici, contrariamente a quanto si potrebbe pensare: un’opinione trasversalmente condivisa è che i medici non specialisti tendano a non essere adeguatamente aggiornati su cosa significhi oggi avere l’HIV, con conseguenze tangibili e molto concrete.

«Succede ancora che le persone che hanno l’HIV vengano lasciate come ultime della giornata nelle sale operatorie: era una misura di sicurezza presa negli anni Ottanta, per evitare di esporre i pazienti a un eventuale contagio dopo aver operato una persona con l’HIV (per quanto la sala venisse comunque sempre sterilizzata): succede ancora, ma con gli strumenti e le conoscenze di oggi è una pratica insensata, che costringe solo le persone con l’HIV ad aspettare sistematicamente più delle altre», dice l’infettivologo Rossotti del Niguarda.

Un altro medico infettivologo dice che nei reparti di ginecologia capita ancora di sentirsi chiedere se le pazienti con l’HIV vadano isolate o meno, quando si sa che oggi le persone in terapia da almeno 6 mesi non sono contagiose. Oppure succede che i pazienti e le pazienti vengano sottoposte a profilassi rese obsolete e superflue dalla non rilevabilità (e dunque non trasmissibilità) del virus per chi assume terapie antiretrovirali.

Oggi l’HIV è anche attivismo, e tante altre cose
Tra le persone che oggi vivono con l’HIV c’è molta consapevolezza della storia e della dimensione sociale di questo virus, legata alle discriminazioni che hanno colpito soprattutto alcune categorie di persone, tra cui quelle appartenenti al mondo LGBT+. A suo tempo c’erano giornali che chiamavano l’HIV il «cancro dei gay»: era una comunicazione che tendeva a incriminare categorie di persone, anziché informare sui comportamenti a rischio.

Oggi tutto questo fa sì che le persone LGBT+ siano tendenzialmente più informate di quelle eterosessuali: V., che è bisessuale, dice: «È come se fossi a cavallo di due mondi: quello queer [termine con cui si indica l’insieme degli orientamenti sessuali e delle identità di genere considerate non conformi] di norma è molto più informato». È un’opinione condivisa anche da una donna eterosessuale di 54 anni, che ha scoperto di avere l’HIV sette anni fa: «Le persone eterosessuali tendono a essere le meno informate sull’HIV: io stessa quando ho scoperto di averlo non riuscivo a spiegarmi come fosse possibile», dice.

Oggi ci sono numerose associazioni che fanno un quotidiano lavoro sulla visibilità delle persone con l’HIV e sul contrasto dello stigma: oltre a quelle citate in questo articolo – Milano Check Point e Plus – ce ne sono tante altre, come ad esempio LILA (Lega Italiana per la Lotta contro l’Aids)Conigli Bianchi o The Well Project, associazione internazionale e dedicata alle donne.

Per alcune persone ascoltate per questo articolo, scoprire di avere l’HIV ha coinciso con l’inizio di un percorso di attivismo. Per altre ha significato «instaurare un rapporto diverso con la propria fragilità, accettandola», dice Filippo Gafaro Barrera. Oppure col proprio tempo: «Ogni tanto penso che se fossi nato vent’anni prima, ora sarei morto, e mi passa qualunque fantasia nostalgica di come sarebbe stato vivere, chessò, negli anni ’60», dice V.

 

Vaiolo delle scimmie ( monkeypox ) . Al via le vaccinazioni in Lombardia e tutorial per procedura di prenotazione

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Dal giorno 1 settembre 2022 sono aperte in Lombardia le somministrazioni del vaccino contro il vaiolo delle scimmie e sono state stabilite le linee guida per la vaccinazione. Una task force è stata appositamente costituita con una rappresentanza della direzione welfare, i direttori dei centri di malattie infettive e tre rappresentanti di associazioni attive nella lotta all'Aids: Milano Check Point, la sezione milanese di Lila e Asa.

Per prenotarsi e accedere alle modalità di vaccinazione bisogna collegarsi al sito di Regione Lombardia 

https://prenotasalute.regione.lombardia.it/sito/

Tutorial in PDF per accedere alla prenotazione sul sito prenotasalute

Le dosi disponibili per la vaccinazione sono limitate e sono rivolte a maschi e persone transgender che fanno sesso con altri maschi , residenti in Lombardia o anche solo domiciliati in carico a un medico di base in Lombardia, maggiorenni senza limiti di età, con un rischio aggiuntivo sul comportamento sessuale a rischio rispetto al monkeypox, ovvero: partner multipli negli ultimi 3 mesi, IST ( infezione sessualmente trasmessa) nell'ultimo anno, frequentazione di cruising, pratica di chemsex.

  • Per i non residenti in Lombardia si può chiedere il domicilio fiscale con assistenza sanitaria compilando questo modulo e inviando seguendo le istruzioni. Se non hai pec , è possibile prendere appuntamento presso un ufficio "scelta e revoca" della Lombardia.  Modulo
  • Per chi ha più di 45 anni ( già vaccinato per antivaiolo) sarà possibile prenotare una dose di richiamo.
  • Data la scarsità di vaccini , assicurarsi di poter andare all'appuntamento e in caso contrario avvertire il centro vaccinazioni il prima possibile. Le dosi prenotate e non utilizzate andrebbero perse. 

 

link utili

https://www.regione.lombardia.it/wps/portal/istituzionale/HP/DettaglioRedazionale/servizi-e-informazioni/cittadini/salute-e-prevenzione/Prevenzione-e-benessere/vaiolo-delle-scimmie/vaiolo-delle-scimmie

https://www.epicentro.iss.it/monkeypox/

articoli

https://www.ilfoglio.it/scienza/2022/08/15/news/un-po-di-cose-che-sappiamo-sul-vaiolo-delle-scimmie-messe-in-ordine-4325932/

 

 

 

Cosa è il monkeypox ( vaiolo delle scimmie )

il monkeypox ( vaiolo delle scimmie) è un'infezione zoonotica (trasmessa dagli animali all'uomo) causata da un virus della stessa famiglia del vaiolo (Poxviridae) ma che si differenzia da questo per la minore trasmissibilità e gravità della malattia che provoca.

Come si trasmette?
La trasmissione umana avviene attraverso contatti stretti e prolungati con una persona affetta, in ambienti caldi e umidi. Il sesso (omosessuale ed eterosessuale) costituisce per queste ragioni una delle modalità più facilmente favorenti la trasmissione. Altri contatti stretti possono fare riferimento alla convivenza con una persona positiva al virus o il contatto diretto con le lesioni caratteristiche dell'infezione.
Fortunatamente, il virus non si trasmette facilmente tra le persone, se non attraverso i contatti stretti indicati e, nella maggior parte dei casi, si risolve spontaneamente.
Quali sono i sintomi più comuni?
I sintomi di MPXV (segnalati dall’OMS) includono:
Eruzioni cutanee (macchie della pelle e/o vescicole) su viso, mani, piedi, occhi, bocca, genitali, zona anale
Febbre (anche molto alta e persistente)
Linfonodi gonfi (collo, ascelle, inguine - talvolta dolenti)
Mal di testa, dolori muscolari, bassa energia

Se ho dei sintomi, cosa devo fare?
E' necessario, il prima possibile, prendere contatto con un ambulatorio che si occupa di infezioni trasmissibili sessualmente (anche ambulatori di malattie infettive presso gli ospedali).
A Milano gli ambulatori di malattie infettive garantiscono oggi un servizio ad accesso diretto (senza prenotazione e senza ricetta da parte del medico di medicina generale) per la valutazione clinica e l’esecuzione dei test.
Per contenere l'ulteriore diffusione dell'infezione è necessario rivolgersi agli ambulatori dedicati per favorire una diagnosi precoce, seguita (nel caso di confermata positività) da una partner notification rivolta a coloro con cui si è stati in contatto (anche e in special modo partner sessuali). Si tratta di un'infezione che prevede un obbligo di notifica e il rispetto dell’isolamento, necessario per evitare il diffondersi del virus.

Qui alcuni link per reperire ulteriori informazioni e approfondire l'argomento:
WHO - World Health Organization, Monkeypox outbreak 2022: https://www.who.int/emergencies/situations/monkeypox-oubreak-2022
ECDC - European Centre for Disease Prevention and Control: https://www.ecdc.europa.eu/en/monkeypox
ISS - Istituto Superiore di Sanità: https://www.epicentro.iss.it/monkeypox/
Intervista al dott. Roberto Rossotti (medico infettivologo, Ospedale Niguarda): https://www.gay.it/vaiolo-delle-scimmie-monkeypox-mpx-cose-da-sapere/amp

fonte: lilamilano

 

 

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