Nuovi antiretrovirali

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Notizia da Poloinformativo HIV AIDS

Sono in fase di sviluppo nuovi antiretrovirali che possono offrire vantaggi come una miglior tollerabilità e una riduzione degli effetti collaterali a lungo termine: è quanto emerge dai dati di alcuni studi presentati a IAS 2015.

Il tenofovir alafenamide (TAF) è una nuova formulazione del tenofovir in grado di raggiungere concentrazioni più elevate nelle cellule infettate dall’HIV e meno elevate nel plasma: l’esposizione al farmaco di reni, ossa e altri organi e tessuti è inoltre più limitata. Uno studio di fase 3, condotto su pazienti con esperienze pregresse di trattamento e con funzionalità renale nella norma, che hanno effettuato uno switch terapeutico alla nuova formulazione del tenofovir, ha evidenziato che chi era passato da un regime a base di Atripla o atazanavir/Truvada a uno a base di TAF (10mg), emtricitabina (200mg), elvitegravir (150mg) e cobicistat (150mg) otteneva una migliore risposta virologica, mentre chi veniva da un regime a base di Stribild mostrava una risposta pressappoco uguale. Chi passava al TAF aveva ripercussioni positive sui marcatori di funzionalità renale, mentre chi manteneva il regime con l’attuale formulazione del tenofovir (TDF) mostrava un peggioramento. La densità minerale ossea (bone mineral density, BMD) nella regione spinale aumentava in media dell’1,79% nel braccio del TAF e invece diminuiva, sempre in media, dello 0,28% in coloro che continuavano ad assumere il regime TDF.

Resoconto completo dello studio sul TAF su aidsmap.com

 

FONTE: aidsmap.com

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Test HIV fai-da-te : efficacia e incertezze

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Test HIV fai-da-te : efficacia e incertezzeL’HIV autotest può aiutare le persone ‘difficili da raggiungere’ a conoscere il loro status, ma restano incertezze sul modo migliore con cui metterlo a disposizione, a quale popolazione e con che tipo di supporto. Così, mentre l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha chiaramente segnalato l’entusiasmo per l’approccio, la sua nuova guida sul test HIV in realtà non lo consiglia.

 

La guida è stata lanciata in occasione dello IAS 2015 a Vancouver, la scorsa settimana, dove sono stati presentati anche alcuni studi sull’ auto-test.
L’OMS definisce i test autodiagnostici HIV come “un processo in cui un individuo che vuole conoscere il proprio stato, raccoglie un campione, esegue un test e interpreta il risultato per se, quasi sempre in privato”. Viene affermato che i risultati dell’ auto-test HIV possono essere precisi, purché vengano utilizzati kit per il test opportunamente regolamentati e le istruzioni del produttore vengano attentamente seguite. Ma un auto-test non può da solo fornire una diagnosi di HIV, che richiede comunque un test di conferma in una struttura sanitaria.

L’OMS ritiene che, dando alle persone la possibilità di testare in modo discreto e comodo l’HIV, si può aumentare la diffusione del test tra le persone non raggiunte da altri servizi, molte delle quali non lo hanno mai fatto. Descrive varie possibilità per la consegna e distribuzione dei kit auto-test:

Libero accesso : prodotto da banco in farmacia o nei generi alimentari, ordinato da siti web, o distribuito da distributori automatici.
Distribuzione semi-limitata da operatori sanitari di comunità
Distribuzione più restrittiva da operatori sanitari in ambito clinico.

Nel secondo e terzo approccio, un’ulteriore opzione è per un operatore sanitario che può essere presente o disponibile, mentre la persona effettua la prova. Questo potrebbe offrire supporto ed un collegamento con strutture di cura, se necessario. Tuttavia, la loro presenza potrebbe compromettere l’attrattiva dell’ auto-test per le persone preoccupate della riservatezza, mentre la distribuzione clinica è improbabile per raggiungere le persone riluttanti ad accedere a strutture sanitarie.
L’incertezza circa i pro e i contro dei diversi approcci con diversi gruppi di persone significa che l’Organizzazione Mondiale della Sanità non dà per il momento alcuna raccomandazione, ma che sta lavorando con vari collaboratori per generare le prove necessarie per formulare consigli e ulteriori indicazioni su questo argomento.

Un importante lacuna si riferisce all’ applicazione in Paesi a risorse limitate con gli uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini (MSM), i sex workers, le persone che si iniettano droghe (IDU) e altre popolazioni vulnerabili. Nei luoghi in cui è presente forte stigma sociale , preoccupazioni sulla riservatezza e i servizi sanitari sono di difficile accesso, l’auto-test può avere particolari vantaggi per questi gruppi in termini di privacy e autonomia.
Peter MacPherson della Liverpool School of Tropical Medicine ha affermato di essere a conoscenza di 20 studi su auto-test tra la popolazione generale nei paesi africani, ma di questi solo sei tra le popolazioni vulnerabili. Ci sono anche pochi dati sugli adolescenti e gli anziani, nonostante il test HIV abbia una bassa diffusione in questi gruppi.

Harsha Thirumurthy della University of North Carolina ha descritto un progetto che prevedeva di fornire a donne keniote il kit di auto-test per sè incoraggiandole a distribuire kit aggiuntivi a persone che conoscevano. Presso le cliniche prenatali e dopo il parto, alle donne sono state dati due kit extra, che sono stati principalmente dati ai partner e alle amiche.
Il progetto è riuscito ad aiutare le coppie fornendo il test anche agli uomini, che sono generalmente difficili da raggiungere. Inoltre, la proporzione di risultati HIV-positivi è stata elevata: 5% tra le donne in gravidanza e 15% nei test offerti a sex workers che li hanno anche ditribuiti ai clienti.
Mentre gli auto-test possono essere usati da soli e in privato, alcune persone hanno scelto di provarli in presenza di un amico o del partner. Tre quarti dei kit di test distribuiti dalle donne keniote sono stati utilizzati mentre erano nella stanza in presenza di molte coppie, anche se ciò non era stato suggerito dai ricercatori.
E’ stato presentato anche il primo studio di auto-test nelle donne transgender. Una popolazione altamente emarginata (molte senza casa e venditrici del proprio corpo), dove quasi tutte le partecipanti hanno affermato che i test erano facili da usare. Due terzi lo preferirebbero al test classico ma il costo superiore ai $ 20 è proibitivo. Anche per un quarto delle donne transgender l’ auto-test è stato effettuato con qualcun altro presente. Sheri Lippman della University of California, ha detto che i dati qualitativi di questo progetto hanno evidenziato i difficili compromessi tra privacy e supporto. Sono state espresse preoccupazioni sulla riservatezza e la stigmatizzazione negli ambienti clinici, ma il sostegno sociale ed emotivo sono comunque importanti come il valore di avere un amico stretto presente durante il test.

L’unica popolazione vulnerabile per la quale esistono prove evidenti sull’ auto-test è quella degli uomini gay americani. David Katz della University of Washington ha presentato uno studio randomizzato su 230 uomini gay , metà ha ordinato i kit auto-test tramite la posta elettronica e l’altra metà ha avuto solo l’accesso ai servizi di test esistenti. Coloro che hanno accesso all’ auto-test lo hanno eseguito più frequentemente, il 76% almeno ogni tre mesi (come i ricercatori avevano consigliato), rispetto al 54% di quelli del gruppo di controllo. Non ci sono state differenze nel comportamento sessuale.
Il più grande studio sull’ auto-test finora

Finanziato da UNITAID, in collaborazione con PSI UNITAID HIV STAR PROJECT è in esecuzione il più grande studio mondiale di valutazione del test fai-da-te per HIV fino ad oggi. Diversi modelli di distribuzione self-test, sia per la popolazione generale che per le popolazioni chiave, saranno sperimentate in Malawi, Zambia e Zimbabwe. UNITAID HIV STAR PROJECT ha esperienza nel marketing sociale per preservativi, contraccettivi, zanzariere trattate con insetticida e altri prodotti per la salute. Un’attività di comunicazione e di distribuzione solide contribuiscono ad assicurare ampia accettazione e l’uso corretto dei prodotti.
Studi pilota genereranno informazioni su come distribuire i prodotti auto-test in modo efficace, etico ed efficiente, e risponderanno alle domande chiave su fattibilità, accettabilità e impatto dell’intervento. I risultati verranno utilizzati per sviluppare linee guida e per sostenere l’integrazione dell’ auto-test nelle politiche nazionali. Eliminando gli ostacoli normativi e mostrando la dimensione probabile del mercato per i test HIV fai-da-te, il progetto spera di incoraggiare i produttori a entrare nel mercato in modo da aumentare l’accesso al test HIV.

Fonte: Aidsmap

Traduzione a cura di Poloinformativohiv

References

World Health Organization Consolidated guidelines on HIV testing services, 2015.

MacPherson P Home-testing and initiation of ART in Africa. Eighth International AIDS Society Conference on HIV Pathogenesis, Treatment and Prevention (IAS 2015), Vancouver, Canada, presentation WESY0103, 2015.

You can download the slides of this presentation from the conference website.

A webcast of this presentation is available on the conference YouTube channel.

Thirumurthy H et al. Acceptability and feasibility of a novel approach to promote HIV testing in sexual and social networks using HIV self-tests. Eighth International AIDS Society Conference on HIV Pathogenesis, Treatment and Prevention (IAS 2015), Vancouver, Canada, abstract MOAC0302LB, 2015.

Lippman S et al. Home HIV testing among transgender women in San Francisco: a pilot feasibility and acceptability study. Eighth International AIDS Society Conference on HIV Pathogenesis, Treatment and Prevention (IAS 2015), Vancouver, Canada, abstract MOPDC0104, 2015.

You can download the slides of this presentation from the conference website.

Katz D et al. HIV self-testing increases HIV testing frequency among high-risk men who have sex with men: a randomized controlled trial. Eighth International AIDS Society Conference on HIV Pathogenesis, Treatment and Prevention (IAS 2015), Vancouver, Canada, abstract MOPDC0103, 2015.

You can download the slides of this presentation from the conference website.

Where available, you can view details of sessions, view abstracts, download presentation slides and find webcasts using the conference ‘Programme at a Glance’ tool.

You can also download a PDF of the abstract book from the conference website.

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Nasce il consorzio globale contro l’Hiv pediatrico

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I più grandi centri che nel mondo si occupano di Hiv pediatrico si sono uniti nel consorzio internazionale Epiical per trovare una cura definitiva e sostenibile dell’Aids. Ci sono la John Hopkins University, la University College of London, il Karolinska Institute, la StellenBosch University di Capetown, l’African center di Kwazulu in Sud Africa, solo per citarne alcune, e a ccordinarli sarà l’Ospedale Bambino Gesù.

Prevenzione HIV per i migranti in Europa

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Prevenzione HIV per i migranti in EuropaFino a poco tempo fa si tendeva a dare per scontato che i migranti africani a cui veniva diagnosticato l’HIV nei paesi europei avessero contratto l’infezione prima di arrivare in Europa. Gran parte di queste persone proviene infatti da paesi ad altissima prevalenza HIV.

 

 

 

Se la trasmissione si verifica prevalentemente prima della migrazione, la priorità per i servizi sanitari europei sono i programmi di test e diagnosi. Se invece la trasmissione avviene in Europa, è opportuno che vengano attuati sforzi preventivi di più ampio respiro.

In Francia, i migranti che provengono dall’Africa sub-sahariana sono i più gravemente colpiti dall’HIV, rappresentando un quarto di tutte le persone HIV-positive del paese.

Tuttavia, uno studio presentato alla Conferenza sembra indicare che una porzione importante – tra un terzo e la metà – degli africani con un’infezione da HIV che vivono in Francia probabilmente hanno contratto il virus dopo aver lasciato l’Africa.

Per lo studio sono stati presi in considerazione 1031 migranti di origine africana che ricevevano cure per l’HIV in Francia, incrociando i dati sulle conte dei CD4 con le loro storie di vita per calcolare quando si era verificata la sieroconversione. Gli autori hanno concluso che un 35-49% di loro aveva contratto l’HIV dopo l’arrivo in Francia. Gli uomini, i giovani e coloro che vivevano in Francia da più tempo sono risultati i gruppi con probabilità più elevata di aver contratto l’infezione dopo la migrazione.

Sono dati simili a quelli riscontrati in uno studio condotto nel Regno Unito, in cui gli epidemiologi hanno calcolato che circa un terzo degli africani con diagnosi di HIV nel Regno Unito ha avuto la sieroconversione dopo essere immigrato.
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Doravirina efficace quanto l’efavirenz, con meno effetti collaterali

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Il nuovo NNRTI doravirina ha dimostrato in uno studio la stessa efficacia dell’efavirenz nel sopprimere la replicazione virale dell’HIV. Inoltre, si sono verificati effetti collaterali farmaco-correlati solo nella metà dei partecipanti che hanno assunto la doravirina, e in questo gruppo ci sono state meno interruzioni premature del trattamento.

I farmaci della classe di antiretrovirali degli inibitori non-nucleosidici della trascrittasi inversa (NNRTI) sono generalmente efficaci e facili da assumere.

L’efavirenz (Sustiva o Stocrin, contenuto anche nel combinato Atripla) è molto diffuso, ma causa spesso effetti collaterali a carico del sistema nervoso centrale, come vertigini e attività onirica anomala. Di conseguenza, nelle linee guida sul trattamento vigenti negli Stati Uniti o in Europa non viene più raccomandato ai pazienti che intraprendono per la prima volta il trattamento.

Il dott. José Gatell dell’Università di Barcellona ha riferito alla Conferenza gli ultimi risultati di uno studio ancora in corso che mette a confronto doravirina ed efavirenz nei pazienti che iniziano il trattamento antiretrovirale. Complessivamente, i tassi di risposta al trattamento sono risultati simili nei due gruppi, ma i partecipanti che assumevano la doravirina avevano il 50% in meno di probabilità di interrompere il trattamento. La differenza è principalmente riconducibile al più alto tasso di abbandono dovuto agli effetti collaterali dell’efavirenz.

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Counselling HIV di coppia

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Counselling HIV di coppiaIn Malawi, i servizi di counselling HIV e il test per le donne in stato di gravidanza coprono quasi il 100% della popolazione. Anche se viene incoraggiata l’adesione in coppia, è raro che il partner maschile si faccia avanti – e il risultato è un’opportunità mancata di fare una diagnosi di HIV.

Quando le coppie accedono ai servizi di counselling HIV e fanno il test insieme, ci sono vantaggi come la possibilità di prendere insieme decisioni informate sulla prevenzione della trasmissione HIV e la salute riproduttiva, o sostenersi a vicenda, o aiutarsi l’un l’altro ad aderire alle terapie. La non-adesione del partner maschile viene spesso citata come barriera all’accesso a cure e trattamento da parte delle donne, oltre che ai servizi di prevenzione della trasmissione materno-fetale.

Un’équipe di ricercatori ha condotto una sperimentazione a Lilongwe, in Malawi, per verificare se contattando attivamente i partner delle donne che fruivano di cure prenatali era possibile aumentare l’adesione ai servizi di counselling HIV e al test in coppia. Le strategie testate sono state due: l’invio di un invito al partner maschile e l’invio di un invito seguito da una telefonata o una visita a domicilio.

Entrambe hanno mostrato di aumentare l’adesione da parte degli uomini, e in particolare la seconda ha dato un forte impulso al ricorso a counselling HIV e test in coppia. Dei 126 uomini che si sono presentati, il 47% è risultato per la prima volta positivo al test (il 25% già sapeva di avere l’infezione). La dott.ssa Rosenberg, presentando lo studio, ha sottolineato che questa strategia può avere importanti risvolti positivi in termini di salute pubblica.
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Un promettente inibitore della maturazione potrebbe essere il primo di una nuova classe

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La terapia antiretrovirale combinata (ART) comprende vari agenti che attaccano l’HIV in diverse fasi del suo ciclo di vita, ma nessuno dei farmaci attualmente approvati inibisce l’assemblaggio, la maturazione e la fuoriuscita dalla cellula ospite del virus.

L’inibitore della maturazione dell’HIV di nuova generazione BMS-955176 si è dimostrato ben tollerato ed efficace nella soppressione della carica virale quanto gli antiretrovirali standard se usato in combinazione con atazanavir (Reyataz) in uno studio di 28 giorni i cui risultati sono stati presentati alla Conferenza come ‘late-breaking’.

Se ne verranno ulteriormente comprovate sicurezza ed efficacia, BMS-955176 potrebbe diventare il capostipite di una nuova classe di antiretrovirali che rappresenterebbe un’importante alternativa per chi ha sviluppato una forte resistenza alle classi di farmaci attualmente in uso.

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FONTE: aidsmap.com

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Serosorting e carica virale

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Per ‘serosorting’ si intende la selezione di partner sessuali con lo stesso stato sierologico o la scelta di fare a meno del preservativo nei rapporti con tali partner. È chiaro, però, che la situazione non si può banalmente riassumere in “le persone HIV-negative scelgono altre persone HIV-negative” e “le persone HIV-positive stanno con altre persone HIV-positive”.

I maschi gay, per esempio, possono scegliere chi sarà il partner recettivo in base allo stato sierologico. Una persona HIV-negativa può decidere che è più sicuro fare sesso senza preservativo con un partner HIV-positivo con carica virale non rilevabile piuttosto che con uno che si dichiara HIV-negativo ma non fa il test da un anno. Per questi comportamenti “siero-adattivi” è tuttavia necessario che ci sia una sufficiente consapevolezza dei meccanismi di trasmissione dell’HIV a livello sia dell’individuo che della comunità, e allo stesso tempo possono esserci problemi legati allo stigma.

Stando ad alcuni studi presentati alla Conferenza, ci sono gruppi di maschi gay australiani e statunitensi che tengono in considerazione elementi come la carica virale non rilevabile in un partner HIV-positivo e il tempo trascorso dall’ultima volta che un partner HIV-negativo ha fatto il test, per decidere se usare o meno il preservativo in un rapporto sessuale.

Dai risultati di questi studi emerge che più in una comunità si discute del rischio di trasmissione dell’HIV con partner che hanno carica virale irrilevabile e più si diffonde la consapevolezza del rapporto tra carica virale e trasmissibilità, più questi elementi incidono sulle decisioni in merito all’uso del preservativo e più attenzione viene fatta allo stato sierologico del partner.

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FONTE: aidsmap.com

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La profilassi pre-esposizione (PrEP)

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Le modalità di assunzione della PrEP e le impressioni delle persone che la assumono sono stati argomenti oggetto di molte discussioni alla Conferenza dell’International AIDS Society.

Due ampi studi, ADAPT (HPTN 067) e Ipergay, hanno dimostrato che è possibile optare per regimi programmaticamente intermittenti in modo che la maggior parte dei rapporti sessuali sia protetto dall’azione dei farmaci. Anche se questo dovrebbe proteggere dall’infezione, tuttavia, sono necessarie ulteriori informazioni farmacologiche per avere la certezza che chi assume la PrEP riesca a raggiungere una concentrazione dei componenti del Truvada (emtricitabina e tenofovir) sufficiente contro l’infezione.

Lunedì è stato presentato uno studio ancillare del regime farmacologico impiegato nello studio Ipergay. I partecipanti di Ipergay assumevano due dosi di PrEP prima del rapporto sessuale e due dosi dopo. Dai risultati è emerso che, negli MSM che seguivano questo regime, l’emtricitabina iniziava a svolgere la sua azione protettiva già 30 minuti dopo l’assunzione, ma il tenofovir impiegava 24 ore per raggiungere livelli sufficienti nei tessuti rettali. Ciò significa che la dose da assumere dopo il rapporto è cruciale per chi assume la PrEP meno di una o due volte la settimana.

Un altro studio farmacologico ha mostrato che i regimi intermittenti possono non garantire livelli di farmaco adeguati per la protezione della donna in un rapporto vaginale, perché il tenofovir risultava impiegare il doppio del tempo per raggiungere il livello picco nella cervice uterina rispetto al retto – senza contare che nella cervice non ha mai raggiunto più del 10% dei livelli riscontrati invece nei tessuti rettali.

In termini di protezione dalla trasmissione nei rapporti anali, gli autori hanno calcolato che con una dose di tenofovir si otteneva una protezione dall’HIV del 77%, una percentuale più alta del 38% suggerito da uno studio su espianti di tessuto rettale, anche se lì il limite inferiore dell’intervallo di confidenza era del 40%. La proiezione stimata è 89% dopo due dosi e 98% dopo tre: un precedente studio ancillare del trial sulla PrEP iPrEx aveva concluso che quattro dosi settimanali fossero sufficienti a garantire una protezione praticamente del 100% contro l’infezione da HIV.

Dunque cosa si può dedurre sull’efficacia preventiva del regime di Ipergay e dei regimi intermittenti di ADAPT?

Innanzitutto, ancora non si hanno informazioni sulla protezione nei tessuti vaginali e cervicali sufficienti a stabilire se e in che misura i regimi intermittenti sono efficaci per le donne o per gli uomini transessuali che hanno rapporti vaginali. Per il momento, a chi ha rapporti vaginali conviene quindi raccomandare l’assunzione giornaliera della PrEP.

Per quanto riguarda i rapporti anali, invece, sembra effettivamente di poter affermare che la PrEP garantisca un buon livello di protezione fino a una settimana dopo l’ultima dose assunta, se l’assunzione è stata regolare. L’emtricitabina entrerebbe in azione già qualche ora dopo l’assunzione di una successiva doppia dose, purché l’intervallo non sia più lungo. Se invece la PrEP viene assunta prima del rapporto ma dopo un lungo intervallo di tempo è fondamentale assumere anche le dosi successive al rapporto – entrambe.

Complessivamente si nota che il regime di Ipergay consente più flessibilità nei tempi di assunzione, perché la prima dose post-rapporto può essere assunta in qualunque momento nelle 24 ore successive: il che è molto più facile che doverla assumere nelle due ore immediatamente successive al rapporto, cosa che ha creato difficoltà ai partecipanti di ADAPT. I motivi per cui le persone richiedono – o non richiedono – la profilassi pre-esposizione o la assumono – o no – una volta avuta la prescrizione sono probabilmente molto vari e dipendono tanto da fattori sociali (le politiche locali) e credenze culturali quanto da elementi più personali come l’avere o meno una relazione.

FONTE: aidsmap.com

 

FDA : aggiornamento etichettatura di Kaletra

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FDA : aggiornamento etichettatura di KaletraL’FDA ha aggiornato alcune informazioni riguardanti il farmaco Kaletra (lopinavir / ritonavir) per le interazioni farmaco-farmaco con etravirina, rilpivirina e simeprevir e l’uso in popolazioni specifiche, nella sottosezione dei pazienti pediatrici, provenienti da uno studio clinico sul dosaggio once a day. Le specifiche modifiche all’etichettatura dei prodotti sono riassunte di seguito.

 

Le seguenti aggiunte sono state fatte alla sezione 7 interazioni farmacologiche, Tabella 13. Sezione 12.3 Farmacologia Clinica, Tabella 14 e 15 è stato aggiornato per fornire i risultati delle prove di interazione tra farmaci etravirina e rilpivirina.

Il commento clinico per l’uso con etravirina: la riduzione dell’esposizione sistemica di etravirina, in presenza di lopinavir / ritonavir è simile a quella in presenza di darunavir / ritonavir, non è necessario alcun aggiustamento della dose .
Nessun aggiustamento della dose è richiesto con rilpivirina
La co-somministrazione di Kaletra e simeprevir non è raccomandata
Sezione 8.4 pediatrico Usa è stato aggiornato per includere i risultati di una volta al giorno rispetto alla somministrazione due volte al giorno, come di seguito sintetizzato.

Non sono stati stabiliti i profili di sicurezza, efficacia e farmacocinetica del Kaletra in pazienti pediatrici di età inferiore ai 14 giorni. KALETRA non deve essere somministrato una volta al giorno nei pazienti pediatrici.

Uno studio prospettico multicentrico, randomizzato, ha valutato l’efficacia e la sicurezza di due volte al giorno rispetto a una dose unica giornaliera di compresse di Kaletra , come parte della terapia antiretrovirale di combinazione (CART) in soppressione virologica bambini HIV-1 infetti (n = 173). I bambini erano erano di età <18 anni , 15 kg di peso e in grado di deglutire le compresse, hanno ricevuto una cART che comprendeva KALETRA per almeno 24 settimane. Alla settimana 24, l’efficacia (definito come la percentuale di soggetti con HIV-1 RNA inferiori a 50 copie per mL) era significativamente più alta nei soggetti trattati con la somministrazione due volte al giorno rispetto ai soggetti trattati con il dosaggio una volta al giorno. Il profilo di sicurezza è risultato simile tra i due bracci di trattamento, anche se c’è stata una maggiore incidenza di diarrea nei soggetti trattati una volta al giorno.

Richard Klein
Office of Health and Constituent Affairs
Food and Drug Administration

Kimberly Struble
Division of Antiviral Products
Food and Drug Administration

Steve Morin
Office of Health and Constituent Affairs
Food and Drug Administration

Etichetta completa a questo link

Fonte Newsletter FDA

 

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