La prima campagna internazionale di sensibilizzazione del paziente con HIV, focalizzata sul tema dell’invecchiamento e delle comorbidità associate. Attiva in 15 Paesi europei e anche in Italia con il supporto di numerose associazioni.
La nuova sfida è invecchiare in salute. Ovvero accompagnare il paziente verso una gestione proattiva delle comorbidità associate all’infezione per assicurargli una strada verso la longevità e un invecchiamento con la migliore qualità di vita possibile.
La Campagna, realizzata con il supporto incondizionato di Gilead, è attiva in 15 Paesi europei e in Italia è patrocinata da SIMIT, Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali, Nadir Onlus, Nps (Network Persone Sieropositive), Anlaids, Asa Onlus, Arcobaleno Aids e Plus Onlus.
“Le terapie hanno fatto passi da gigante e oggi un paziente che riceve una diagnosi di HIV ed è in trattamento con i nuovi antiretrovirali ha un’aspettativa di vita paragonabile a quella della popolazione generale. – afferma Massimo Andreoni, Direttore U.O.C. Malattie Infettive e Day Hospital Dipartimento di Medicina, Policlinico Tor Vergata, Roma. – Uno studio recente ha valutato che nel 2010 l’età media dei pazienti era di 43,9 anni mentre nel 2030 sarà di 56,6 anni, con una percentuale di pazienti con età superiore ai 50 anni che passerà dal 28% al 73%. Tuttavia, ci sono ulteriori sfide da affrontare: invecchiare con l’HIV espone a un maggior rischio di sviluppare patologie correlate, come tumori, osteoporosi, problemi al fegato, cardiaci e neurologici.”
È da queste premesse che nasce la Campagna HIV: GUARDIAMO OLTRE, (www.hivguardiamoltre.it): informazioni specifiche su come “invecchiare bene”, risposte alle domande più frequenti sull’HIV, video-interviste con i consigli degli esperti e delle Associazioni coinvolte nel progetto. “Da una parte i pazienti devono comprendere che trattare la malattia non implica solo la soppressione della quantità di virus nel corpo (carica virale) ma prevede un approccio “multidimensionale” da condividere sul lungo periodo con il proprio medico; dall’altra lo specialista deve essere in grado di offrire screening di primo livello per le comorbidità più frequenti.” spiega Andreoni.
“Nel paziente con HIV patologie come il diabete, l’ipertensione, le malattie cardiovascolari, le nefropatie, l’osteoporosi, disturbi cognitivi e la steatosi epatica aumentano la loro prevalenza con l’età, ma anche a causa dell’aumentata infiammazione che il virus stesso provoca. – sottolinea Antonella D’Arminio Monforte, Direttore Clinica Malattie Infettive e Tropicali Dipartimento di Scienze della Salute ASST Santi Paolo e Carlo, Polo Universitario di Milano – Rispetto agli individui non infetti, nei pazienti HIV positivi le comorbidità possono insorgere più precocemente. In particolare questi hanno maggiori probabilità di sviluppare CVD (patologie cardiovascolari), fratture ossee e insufficienza renale”.
Le malattie cardiovascolari sono più comuni, con un rischio di ipertensione che raggiunge il 43%, e quello di infarto il 5% (contro l’1% della popolazione generale). Aumentano anche l’incidenza dell’osteoporosi, che comporta il 50% di rischio in più di subire fratture, i disturbi neuro-cognitivi che insorgono nel 52–59% dei pazienti, mentre ansia e depressione colpiscono fino al 26% di persone6 affette da HIV in Europa rispetto al 7% della popolazione generale. La probabilità di sviluppare tumori è in media il doppio rispetto alla popolazione generale, il rischio di epatite cronica è superiore di otto volte, e quello di insufficienza renale di cinque volte.
“Già dieci anni fa vi era una diffusa percezione del fatto che per ridurre l’impatto dell’AIDS era necessario lavorare sui comportamenti dei pazienti sieropositivi e questo è confermato da un sondaggio pèubblicato in quegli anni da Eurobaormetro – sottilinea Gilberto Corbellini, Professore ordinario di nstoria della medinica e docente di bioetica presso SapienzaUniversità di Roma – Una contributo molto importante alla diffusione di questa percezione è stato dato da coloro che si sono trasformarti in “attivisti” nella lotta contro l’AIDS”.
È necessario, dunque, cercare di occuparsi non tanto di invecchiare, ma di ‘come invecchiare’.
“La vera sfida, oggi, è quella di fissare nuovi obiettivi, che vadano oltre il raggiungimento di una viremia non rilevabile, fino a includere la gestione proattiva delle comorbidità associate, in modo che le persone con HIV possano godere di una buona qualità di vita, piuttosto che semplicemente vivere più a lungo.– precisa Simone Marcotullio, Vice Presidente Associazione Nadir – Per questo è importante che il paziente si senta protagonista del suo percorso di salute, che contempli sia impegno nella prevenzione, ma anche attenzione alla diagnosi e alle strategie terapeutiche, in accordo con il proprio medico”.
Oggi si stima che in Italia circa 120.000 persone convivano con una diagnosi di HIV, mentre ci sono 23.000 persone con diagnosi di AIDS. In Italia vengono diagnosticati 6,1 nuovi casi di positività all’HIV ogni 100.000 residenti. L’incidenza più elevata è stata registrata nel Lazio, in Lombardia ed in Emilia Romagna.
Anche nella cura delle comorbidità esistono differenze di genere che vanno tenute in considerazione? “Effettivamente ci sono tutta una serie di patologie proprie della donna, come ad esempio le malattie neoplastiche a carico dell’utero che nella donna HIV positiva sono molto più frequenti rispetto alla donna HIV negativa, a causa dell’infezione da papilloma virus. – conclude D’Arminio Monforte – Inoltre è importante uno stretto controllo dello stato delle ossa per la prevenzione dell’osteoporosi. Infine le donne affrontano spesso l’infezione da HIV in maniera diversa dagli uomini: sono più angosciate nell’affermare la propria HIV positività al proprio partner, incorrono più facilmente in depressione e spesso antepongono la cura dei figli e della famiglia alla cura di se stesse.”